mercoledì 17 settembre 2008

due parole sull'assassinio di Abdul William Guibre

Sull' assassinio del giovane ragazzo di origine africana Abdul William Guibre s'è già detto e scritto molto. inutile unirsi al coro dei disgustati, sconvolti, increduli, benchè abbia provato tutte queste sensazioni insieme. ovvio che anche io credo sia intollerabile che qualcuno si permetta di uccidere un ragazzo per un furtarello innocuo e di infimo valore, sfido chiunque a sostenere il contrario; vorrei in qualche modo esprimere solidarietà alla famiglia, chissà come si potrebbe.
c'è addirittura chi si è permesso di giustificare in qualche modo la cosa, abbozzando un " ma rubare è sbagliato"... su queste persone preferisco sorvolare per non scadere nel turpiloquio. sono due le cose su cui penso ci si debba soffermare un attimo. la prima, abbastanza banale in verità, è che sono quasi sicuro che se il giovane fosse stato italiano (che era, in effetti... rettifico con Bianco di razza caucasica) tutto questo non sarebbe successo; io stesso quando ero più piccolo mi sono divertito a commettere piccoli furtarelli coi miei amici, bravate di cui non vado fiero ma che a modo loro caratterizzavano quei giorni, senza che ne siano scaturite conseguenze disastrose; suppongo anche che qualcuno ci abbia scoperto, senza per questo sprangarci senza pietà. ritengo quindi che ci vada un pelo sullo stomaco non indifferente a sostenere che il delitto sia scevro da connotazzioni razziali e razziste, versione ormai accreditata anche dagli organi di polizia; mi piacerebbe sapere come abbiano fatto a dimostrarlo, se per caso siano dotati di un rilevatore di microonde razziste o se è per che non hanno trovato globuli con cappucci bianchi nel sangue degli esecutori. è stupido dire che il razzismo non c'entra, è come nascondere la testa sotto la sabbia; credo che su fatti di questo genere si debba riflettere considerando tutti i loro crudelissimi aspetti, senza ostinarsi a tentare di salvare la faccia (sempre più come il culo, del resto).
la seconda cosa che mi ha colpito è riflettere sul mio paese, e sullo stato in cui si sia ridotto: siamo gretti da fare schifo, tutti; se potessimo possedere armi da fuoco probabilmente polverizzeremmo il malcapitato furbetto che cerca di rubarci il posto in coda. l'Italia in cui io mi divertivo a rubacchiare qualche cd, qualche bottiglietta di liquore mignon (spero che qualcuno si stia ricordando e sorrida) mi sembra davvero un paese lontano anni luce; credo che appena 5 o al massimo 10 anni fa la vita fosse più serena, più ancorata alla realtà. la punizione giusta per un furto di biscotti è al massimo un sonoro schiaffone, con relativa ramanzina del lavoratore che si alza alle 6 del mattino e tu viziatello di turno che deve stare zitto e ascoltare. oggi abbiamo tutti una paura fottuta che qualcuno ci tocchi il nostro piccolo giardino, e se per caso si azzarda ci sentiamo legittimati a qualsiasi gesto, non c'è più traccia di senso della misura o equilibro che sia.
per questo oggi puoi morire se vedi il parcheggio un secondo prima di qualcun'altro, se rubi un pacco di biscotti, se sei appena più ricco del tuo vicino che però per tua sfortuna è uno squilibrato. grossa fetta della responsabilità della percezione della realtà ce l'abbiano i media, a mio parere: ci parlano di un paese in balia di gang di stupratori romeni, borseggiatori fin dentro l'ascensore, prostitute e spacciatori che imperversano nelle nostre città; l'Italia sembra Gotham City, a leggere certi quotidiani (purtroppo quasi tutti, ormai); inutile stupirsi se man mano proliferano i giustizieri.

1 commento:

Anonimo ha detto...

è come se un cinese trapiantato in spagna ti piantasse una pallottola in testa gridando "fottuto italiano rubamutande". assurdo.

io continuo a sostenere che sia il berlusconiano motto "libertà" ad essere sempre più in voga. la libertà di fare il cazzo che si vuole imponendosi su quella altrui.